Una bella escursione in vista di un’imminente ascesa ben oltre i 4000 metri sul Monte Rosa, con un dislivello non eccessivo ma pur sempre impegnativo, considerata l’altitudine e la massiccia presenza di ancora tanta neve su parecchi versanti.
Le pendici del Monte Rosa regalano sempre tantissime emozioni e il nostro affiatato gruppetto montano, composto da cinque persone, un paio delle quali quasi alle prime armi con le asperità dell’alta montagna, è riuscito a farsi egregiamente strada lungo il sentiero sassoso e l’ultimo tratto di ferrata. Il clima, inoltre, ha reso decisamente piacevole l’ascesa, meno faticosa rispetto ad altre volte, grazie ad una temperatura molto più mite, garantita da un leggero manto nuvoloso, che in più occasioni ha impedito al sole di dardeggiare inesorabile sopra le nostre teste. Dopo aver raggiunto con la seggiovia il Colle Bettaforca, a quota 2.717 metri, si inizia a camminare seguendo il Sentiero 9, già completamente sgombro da qualsivoglia vegetazione arbustiva, inerpicandosi senza eccessive difficoltà lungo i tornanti sassosi. Il panorama che si apre davanti a noi è splendido sotto qualsiasi punto di vista e intuiamo subito che, fra qualche chilometro, sarà necessario affrontare un lungo tratto su neve fresca prima di raggiungere il Quintino Sella, perché gran parte dei versanti sopra i 3.000 sono ancora in gran parte coperti da una folta coltre nevosa. Procedendo con cautela è possibile avanzare senza l’utilizzo di ramponi o ramponcini, ma la fase di discesa, ben più “scivolosa”, necessiterebbe di tale attrezzatura per minimizzare al massimo qualsiasi rischio. Una volta superato il tratto nevoso inizia forse la parte più difficile e affascinante dell’intero sentiero, perfettamente attrezzato con corde e catene nei punti più esposti, ma l’altitudine inizia a farsi importante ed è meglio prendersi tutto il tempo necessario quando si avanza in cresta rocciosa in fila indiana. Il rifugio è ormai ad un passo, alla rispettabilissima quota di 3.585 metri, ed è un vero piacere conquistarlo e “conquistarci” una birra fresca una volta giunti a destinazione! Ma le sorprese di questa meravigliosa giornata non sono ancora finite perché, durante la discesa (per fortuna dopo aver oltrepassato il tratto nevoso), ci aspetta un bell’acquazzone estivoche ci inzuppa letteralmente da capo a piedi prima del nostro meritatissimo ritorno alla seggiovia del Colle Bettaforca. Di seguito il link con i dettagli dell’ascesa. https://www.strava.com/activities/1703710947
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Lupi ed orsi famelici che un tempo si aggiravano liberi fra i suoi crinali e le sue foreste, un misterioso e sfuggente Homo Salvadego, streghe... queste e molte altre ancora sono le legende circolanti intorno al Monte Legnone, una delle cime più scenografiche e spettacolari delle Alpi Orobie Occidentali.
Il Legnone, con il suo caratteristico profilo a forma di corno e i suoi fianchi scoscesi ed esposti ai freddi venti della zona, si presenta come una vetta da rispettare e da conquistare con la dovuta cautela, ergendosi maestosa sulla parte settentrionale del Lago di Como con i suoi 2.610 metri e dominando in altezza la dura e bellissima Alta Via della Valsassina, che parte dal poco distante Rifugio Roccoli Lorla, adagiato su un piccolo altopiano. Da qui il sentiero prosegue senza particolari difficoltà, in mezzo ad un suggestivo bosco di larici fino alla località Meresc de Scim, a quota 1.506, per poi dirigersi verso l’Alpe Agrogno (1.644 metri) e seguire infine un lungo crinale in salita che conduce alla cosiddetta Porta dei Merli. Continuando a camminare fino al bivacco di fortuna della Ca’ de Legn, ci imbattiamo in una giovane madre di stambecco con il suo cucciolo, che ci passa accanto guardinga. D’ora in avanti il tracciato diventa particolarmente tecnico, alternando roccette affioranti e brevi passi di arrampicata assistiti da corde fisse. Purtroppo le avverse condizioni atmosferiche non ci consentono di godere della vista dello splendido panorama circostante e la foschia prodotta dalle nubi in quota, nonché una temperatura che si aggira intorno allo zero, mette a dura prova l’ascesa. Le numerose lapidi commemorative lungo il percorso, inoltre, sono lì a ricordarci che questa cima non deve assolutamente mai essere sottovalutata, ma la volontà di procedere oltre è ancora forte e l’anticima del Legnone, a quota 2.529 metri, è ormai vicinissima. L’ultimo tratto (una vera e propria arrampicata) prevede una corta salita lungo un piccolo crinale roccioso stretto ed esposto, comunque ben attrezzato e, giunti finalmente in cima, si impone una foto alle bandierine tibetane sferzate dal vento ghiacciato! Di seguito il collegamento con i dettagli dell’ascesa: https://www.strava.com/activities/1262285529 Si torna finalmente a camminare in montagna, nonostante il gran caldo, dopo una forzata pausa durata più del dovuto. Questa volta l’obiettivo è il Pizzo dei Tre Signori, imponente massiccio che nei secoli passati fungeva da confine tra il Dominio delle Tre Leghe (Valtellina), la Repubblica Veneta (versante orobico bergamasco) e il Ducato di Milano (versante lecchese) e che, proprio per tale motivo, ha con il tempo assunto tale nome.
Partendo da Premana, piccolo centro a picco su un versante scosceso della Val Varrone, in un vero e proprio tripudio di bandiere tricolori, preludio alla prova domenicale del Campionato Mondiale di Corsa in Montagna, si scende verso il Torrente Varrone seguendo un’accidentata mulattiera in mezzo al bosco che, dopo una scenografica e breve scalinata, conduce sino al piccolissimo centro vallivo di Gebbio, dal quale si prosegue poi in costante salita, sempre seguendo il torrente sulla sua riva orografica destra. Il percorso, almeno nella sua fase iniziale, non presenta nessuna difficoltà di rilievo, pur salendo di continuo, anche con improvvisi strappetti, ma l’eventuale fatica accumulata sin qui viene abbondantemente ripagata dalla splendida vista che è possibile godere una volta giunti in prossimità di Alpe Casarsa e Alpe Vegessa, alpeggi situati in un rustico quanto incantevole paesaggio alpino. Uno stretto e ripidissimo sentiero conduce fino alla più elevata Alpe Barconcelli, ma la vetta del Pizzo dei Tre Signori ci attende e bisogna continuare a seguire la carrozzabile principale fino all’imbocco della vallata glaciale sulla quale incombe, a destra, il Pizzo Varrone, in uno scenario talmente bello da mozzare quasi il fiato. Giunti ad un’altezza di quasi 1.900 s.l.m, la strada si trasforma in un vero e proprio sentiero nei pressi della Baita Tronella, ormai a pochissima distanza dal Rifugio Falc, sebbene il tratto che ci separi dal rifugio diventi abbastanza arduo e ripido nel giro di poche centinaia di metri. Una volta superato il punto di ristoro è possibile godere della vista dell’invaso del Lago dell’Inferno, dalle acque di un blu profondissimo, ma la cima è ormai prossima e, imboccando un sentiero sassoso in costante salita, si arriva alla croce sommitale dopo aver affrontato un ultimo tratto piuttosto scosceso e scivoloso (da evitare assolutamente nei giorni di pioggia), comunque ben attrezzato e messo in sicurezza con qualche metro di corda ancorata alla parete. Alla fine i chilometri di camminata sono davvero tanti, ma la soddisfazione di aver raggiunto quota 2.554 e lo splendido panorama che si apre sul resto delle Orobie è assolutamente impagabile. Di seguito il collegamento con i dettagli dell’ascesa: https://www.strava.com/activities/1120048385 Dopo l’ascesa alla Grignetta non poteva mancare il mastodontico Grignone, posto immediatamente a settentrione della sorella minore.
Partenza dalla Valsassina, in località Prato San Pietro, nei pressi del celebre platano ai piedi dello Zucco della Colla, dal quale il sentiero si inerpica in mezzo alla fitta boscaglia fino a raggiungere la strada che costeggia il Sas Carlen e raggiunge il parcheggio nei pressi del Cimone. Da questo punto in avanti la salita inizia a farsi decisamente più impegnativa e, dopo aver oltrepassato il Belvedere, è necessario affrontare la Cresta di Piancaformia con la dovuta attenzione, fino al raggiungimento dell’omonima cima. Da qui lo sguardo spazia agevolmente sulle montagne circostanti e sul Lago di Lecco, mentre in basso, sulla sinistra, iniziano a comparire i primi abissi del massiccio. È proprio sul Grignone che si trova il complesso dell’Alto Releccio, uno dei sistemi di grotte più profondi d’Italia. In prossimità della vetta, all’ombra di alcuni contrafforti rocciosi, resiste ancora qualche isolato e sparuto nevaio e le ultime decine di metri che ci separano dalla cima sono adeguatamente attrezzate con corde e catene, che rendono l’ascesa più agevole. Al ritorno è consigliabile imboccare la Via della Ganda, dirigendosi direttamente all’Alpe del Moncodeno, celebre per la grotta di ghiaccio menzionata persino da Leonardo da Vinci, per poi inoltrarsi nel bosco e scendere a perdifiato lungo il sentiero invaso dal fogliame, tra il Sass dell’Ave Maria e il Pizzo Valansasca. Gli ultimi chilometri, particolarmente piacevoli, si snodano lungo il sentiero alto che corre sopra il Torrente Valle dei Molini e, dopo aver oltrepassato un buon numero di piacevolissime, scenografiche e scroscianti cascatelle, ci ritroviamo al maestoso platano di partenza. Di seguito il collegamento con i dettagli dell’ascesa: https://www.strava.com/activities/1057657530 Uno strabiliante intreccio di guglie, pinnacoli e monoliti calcarei che si stagliano lungo tutto il massiccio che domina dall’alto la città di Lecco.
Questo e molto altro è il massiccio delle Grigne, meta privilegiata da decenni di innumerevoli alpinisti, lombardi e non. Sui suoi sentieri e sulle ripidissime pareti di sesto grado delle sue dita rocciose si sono formati scalatori del calibro di Cassin e Bonatti, che hanno letteralmente battuto palmo a palmo tutti gli anfratti rocciosi di questo splendido gruppo montuoso. Per chi voglia raggiungere in tutta sicurezza la vetta della Grignetta (quota 2.184 metri) consiglio di partire da Laorca, piccola frazione di Ballabio, seguendo le indicazioni del Sentiero n° 2, che si inoltra nella riparata, strettissima ed estremamente suggestiva Val Calolden, dove scorre cristallino l’omonimo torrente. Percorrendo il sentiero parallelo al Calolden e superando un antico greto invaso da blocchi di pietra, ci si inoltra subito in un fitto bosco di faggi, in lenta e costante salita fino ad una splendida radura in mezzo al torrente, intervallata da una fiabesca cascatella e da piccole marmitte scavate nella roccia dall’incessante scorrere dell’acqua. Il dislivello da affrontare prima di raggiungere il Piazzale della Miniera a Pian dei Resinelli è notevole, ma la piacevolezza estetica dei luoghi attraversati rende la salita meno dura di quel che ci si potrebbe aspettare. Dalla chiesetta principale di Pian dei Resinelli si raggiunge facilmente il Rifugio Porta, posto a quota 1.426 metri, e, seguendo il Sentiero n° 7 ci si addentra in un fitto bosco di conifere, preludio ai verdi prati privi di vegetazione che ci attendono sotto la vetta. È proprio in questi luoghi, all’ombra di imponenti alberi, che sopravvive ancor oggi un’antica tradizione orale, che narra della presenza del diavolo, di streghe e stregoni al suo diretto servizio. Personaggi inquietanti che si animano soltanto durante la notte mentre, di giorno, tornano ad essere immobili, trasformandosi nelle guglie rocciose di questa splendida montagna. Non è difficile scorgere in questa vecchia tradizione popolare le tracce di un'antica tenace e salutare persistenza in queste zone elevate, lontane dai principali centri urbani, di originari culti pagani e precristiani legati alla Terra e al genius loci delle Grigne. Dopo aver oltrepassato il bosco, la salita inizia a farsi davvero dura ed inesorabile, fra roccette, canali modellati dal ghiaccio invernale e dall’impietoso sole estivo, inerpicandosi senza soluzione di continuità fin quasi a quota 2.100 metri. L’ultimo tratto necessita di particolare attenzione e, grazie all’utilizzo di una catena infissa nella roccia, è possibile raggiungere la vetta della Grignetta senza troppa difficoltà. Dal Bivacco Ferrario, simile ad un LEM lunare, scorgiamo gran parte delle cime dell’arco alpino occidentale e persino la svettante punta triangolare del Cervino, dietro il massiccio del Monte Rosa. Ma il nostro vero prossimo obiettivo è a pochi chilometri di distanza verso nord e ci aspetta tranquillo... il Grignone, fratello maggiore della Grignetta! Di seguito il collegamento con i dettagli dell’ascesa: https://www.strava.com/activities/1043190351 “La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di San Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendio lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna”...
Non sarebbe davvero possibile scegliere parole più appropriate di quelle usate dal nostro Alessandro Manzoni, nel primo celeberrimo capitolo dei Promessi Sposi, per descrivere la maestosità e l’incantevole bellezza di questo famosissimo massiccio delle Alpi lombarde, che si staglia con le sue guglie contro il cielo, alle spalle della città di Lecco, ben visibile persino da Milano nelle giornate più terse. Partendo da Maggianico, sobborgo periferico del capoluogo di provincia, imbocchiamo il sentiero che conduce al Resegùn nei pressi della neoclassica chiesa di San Rocco, costeggiando per un breve tratto il torrente Cif e proseguendo poi fino al borgo di Piazzo e a Camposecco. Totalmente immersi nel secolare bosco di caducifoglie, affrontando una salita ripida, inesorabile e costellata di radici e roccette affioranti, raggiungiamo dapprima il Corno di Grao, a quota 1.099 s.l.m e, subito dopo, il Monte Magnodeno (1.241 metri), che ci regala una tosta e tortuosa ascesa fino alla vetta, dalla quale è possibile ammirare l’intero arco alpino e l’incombente massiccio del Resegone, ad est, ormai a pochissimi chilometri di distanza. Una rapida sosta all’ombra di un paio di sparuti alberi nei pressi del bivacco e torniamo nuovamente a camminare, questa volta lungo un sentiero in discesa che segue il crinale meridionale della Cima del Fo, attraversando dapprima il torrente Galavesa in secca, per raggiungere infine il Rifugio Alpinisti Monzesi. In più di un’occasione ci fermiamo, con lo sguardo rapito dal panorama circostante e dalle vicinissime torri rocciose del Resegone, fra camosci e stambecchi che fanno capolino dalle rigogliose foreste circostanti. Dal rifugio imbocchiamo il sentiero che ci riconduce all’ardente pietraia del Galavesa, unica e davvero ostica via di ascesa alla vetta del massiccio, incastonata in una vallata di rara ed autentica bellezza. Alla nostra destra troneggiano il Pizzo Brumano, il Pizzo Daina e la Torre di Valnegra, così simili, per molti aspetti, alle cime dolomitiche. Poco meno di un chilometro di puro piacere alpinistico, superando un forte dislivello, che ci apre le porte verso Punta Cermenati, a quota 1.875 metri, il cui pianoro, su cui sorge il Rifugio Azzoni¸è letteralmente invaso da un festoso assembramento di vocianti tifosi dei partecipanti alla ResegUp, giunti fin lassù per sostenere i corridori di questa massacrante manifestazione competitiva di corsa in montagna. In cima, stanchi, ma assolutamente non domi, all’ombra della bandiera tricolore, sotto la quale ne sventola una più piccola del Tibet, ci accolgono alcuni magnifici esemplari di corvo imperiale¸ uccello un tempo sacro ad Apollo, che volteggiano orgogliosi sulla vetta più alta di questo storico massiccio. Arrivederci Resegone... prossimamente affronteremo l’intero sentiero che percorre la tua cresta, toccando tutte le cime del tuo dentellato profilo. Di seguito il collegamento con i dettagli dell’ascesa: https://www.strava.com/activities/1021209995 Un sabato all’insegna della conquista di svariate vette!
Un sentiero ad anello dominante su tutta la Val Ravella, con partenza e arrivo a Canzo, che si snoda lungo una cresta estremamente panoramica e che tocca, in ordine di successione, il Cornizzolo, il Monte Rai, il Prasanto, il Sasso Malascarpa e i tre celeberrimi Corni di Canzo, i quali si stagliano massicci a picco sul ramo orientale del Lago di Como. Consiglio a tutti di affrontare l’escursione con delle buone condizioni atmosferiche perché, in caso di pioggia, il sentiero, specialmente nella prima parte, potrebbe diventare eccessivamente fangoso e, conseguentemente, scivoloso. I primi chilometri si presentano piuttosto impegnativi, in costante salita, ma decisamente molto piacevoli, in quanto si costeggia per lungo tratto il Torrente Pèsora, immersi in un imponente bosco di caducifoglie, interrotto soltanto da sparute radure erbose, che si fanno via via sempre più grandi nei pressi della sommità del Pèsora, anticima del Cornizzolo, posto ad un’altitudine di 1.196 metri. Un occhio esperto potrà facilmente riconoscere dapprima il Lago del Segrino (che compare alla nostra destra sulla cresta che conduce al Pèsora) e, poi, in rapida successione, il Lago di Alserio, il Lago di Pusiano e il Lago di Annone, che si stagliano come vere e proprie perle nel panorama dell’Alta Brianza. Un facile sentiero a mezza costa ci conduce alla cima del Cornizzolo (1.241 metri), dal quale possiamo facilmente vedere i nostri prossimi e vicini obiettivi. Lasciandoci alle spalle il Rifugio Marisa Consiglieri, raggiungiamo in breve tempo la vetta del Rai (1.259 metri), dal quale, scendendo, ci addentriamo nel fiabesco bosco della Riserva Naturale del Sasso Malascarpa¸ conquistando prima la cima del Prasanto (1.244 metri) e, infine, quella del Sasso Malascarpa (1.198 metri), dal quale è possibile ammirare i meravigliosi Campi Solcati, una stranissima formazione geologica generata dall’acqua che vi scorreva sopra in tempi remotissimi. A questo punto il sentiero scende in maniera vistosa sino alla fonte dell’Acqua del Fo’, per poi risalire violentemente, senza lasciare scampo, sino alla Bocchetta di Luera, posta a metà strada fra il Corno Centrale e il Corno Orientale di Canzo. Arrivare al Corno Orientale (1.232 metri) non presenta alcuna difficoltà di carattere tecnico e, in pochi minuti di camminata, dopo aver svoltato a destra dalla Bocchetta di Luera, è possibile godere di una splendida vista che spazia da Lecco verso meridione, fino al Lago di Garlate¸ al Lago di Olginate e alla sottostante Valle dell’Adda. Da qui in avanti è necessario considerare molto bene l’ascesa ai restanti Corni, perché il sentiero (se è possibile parlare di “sentiero”) si presenta estremamente tecnico, con tratti esposti molto ripidi e attrezzati con catene in più punti. Ma ormai la smania di conquista è elevata e avanziamo sicuri verso la parete attrezzata del Corno Centrale (1.368 metri), aggredendolo in pochi ed esaltanti minuti di adrenalinica ascesa, seguita da una discesa altrettanto difficile, da affrontare con la dovuta calma. Dopo essere transitati alla base del Corno Occidentale, imbocchiamo uno stretto canale, che si inerpica quasi in verticale verso la vetta (1.373 metri), senza nemmeno l’ausilio di una catena! Gran parte della fatica è fatta; qualche minuto di raccoglimento dinanzi all’intero arco alpino occidentale e poi di nuovo giù in picchiata lungo l’inquietante ed esposto Passo della Vacca, oltrepassato il quale si giunge finalmente alla pietraia di scolo nei pressi del versante settentrionale. Da qui fino al Rifugio Terz’Alpe è un susseguirsi di sassi e radici in discesa, capaci di mettere a dura prova anche le gambe più allenate, ma il restante sentiero su strada bianca fino a Canzo è facilmente affrontabile da chiunque. Che dire in merito alla Traversata delle 7 Cime? Splendida, meravigliosa, addirittura possente in alcune parti, nonostante non vengano raggiunte quote particolarmente elevate. Rispetto per i Corni di Canzo... sempre... Di seguito il collegamento con i dettagli della Traversata delle 7 Cime: www.strava.com/activities/997467920 Nuova ascesa in vetta¸ questa volta sul Monte San Primo¸ cima più alta dell’intero Triangolo Lariano, nonché privilegiato punto panoramico di tutta la zona, con i suoi 1682 metri di altezza.
Peculiare caratteristica di questa montagna dai dolci pendii erbosi è la quasi totale assenza di vegetazione arborea lungo i suoi rilievi, risultato di una secolare attività di allevamento del bestiame (in auge sin da epoca medioevale), che ha causato una graduale eliminazione della copertura vegetale a favore della nascita di ampie praterie da sfalcio. Tuttavia, osservando meglio le pendici del Monte San Primo, è possibile notare in più punti la comparsa di sparpagliate e nuove boscaglie pioniere, vero e proprio preludio ad un’auspicabile ritorno del bosco in alta quota e della tradizionale faggeta, che contraddistingue queste contrade. Partendo dall’abitato di Sormano, dopo una breve e piacevole passeggiata lungo la strada asfaltata che conduce a Pian del Tivano, raggiungiamo la deviazione per il celeberrimo Muro di Sormano, una ripidissima salita in mezzo al bosco lunga circa 2,4 km, con pendenza media del 12% (e svariate punte al 24%), estremamente nota fra gli appassionati di ciclismo e divenuta famosa a partire dagli Anni Sessanta, quando fu introdotta nel Giro di Lombardia allo scopo di fare selezione nel gruppo dei partecipanti. Metro dopo metro, grondanti sudore, affrontiamo a piedi il Muro con il rispetto che merita, sorridendo divertiti alle parole di Bartali, stampate a grandi caratteri sull’asfalto, che tanto temeva la salita in bici lungo questo tratto! Al termine di questa prima ascesa è possibile fare una sosta alla Colma di Sormano, privilegiato punto d’osservazione panoramico, dalla quale è possibile scorgere chiaramente la vetta che ci aspetta, il Cornizzolo, il Palanzone e gli aspri Corni di Canzo. Accanto al frequentato ristorante sorge la storica Capanna Stoppani¸ recentemente trasformata in un osservatorio astronomico, gestito dal Gruppo Astrofili Brianza. Dalla Colma di Sormano imbocchiamo la comoda e ben segnalata Dorsale del Triangolo Lariano, costeggiando le pendici del Monte Cippei, del Monte Roncaglia e del Monte Cornet, il cui sottosuolo è caratterizzato da vasti fenomeni carsici, per poi giungere alla radura erbosa dell’Alpe Spessola, sulla quale si apre una vista mozzafiato sul vicino ramo lecchese del Lago di Como e sul massiccio montuoso delle Grigne. Continuando lungo la Dorsale, ci si inerpica letteralmente lungo le pendici meridionali del Monte Ponciv, imboccando il Passo di Terrabiotta, che si snoda proprio al di sotto della Cresta Est del San Primo e della Cima del Costone. L’ultimo tratto di ascesa, percorso su uno stretto sentiero sterrato con roccette affioranti, è da affrontare con la dovuta calma, ma la visuale che si apre sulla cima lascia senza parole, abbracciando l’intero arco alpino occidentale e la caratteristica biforcazione del Lago di Como. Un’ottima ascesa, con un dislivello positivo totale di 1.067 metri, preludio a quella, ben più impegnativa, che ci attenderà a breve lungo le decantate falde del Monte Resegone... Clicca sul link sottostante e osserva tutti i particolari dell’ascesa! https://www.strava.com/activities/934243194 Provenendo dalla Val d’Intelvi, il Sasso Gordona si presenta alla vista come uno spettacolare sperone roccioso, che si erge solitario ad occidente, alle spalle del Monte San Zeno.
Questo imponente, squadrato e massiccio avamposto roccioso rassomiglia in tutto e per tutto ad una sentinella esposta al sole primaverile e non è affatto un caso che il Sasso Gordona, già a partire dal 1871, fosse scelto dal neonato Regno d’Italia per la progettazione di uno dei capisaldi delle fortificazioni della Linea Cadorna. Sebbene il confine italo-svizzero non costituisse un pericolo immediato, l’Esercito Italiano provvide all’edificazione di una lunga ridotta, molto ben difesa da trincee, magazzini e postazioni di mitragliatrice direttamente scavate nella roccia. La costruzione della linea fortificata iniziò nel 1904, ma fu in larga parte realizzata e definitivamente completata tra il 1916 e il 1917, in piena Grande Guerra, per scongiurare eventuali rischi d’invasione del territorio italiano (proveniente dalla Svizzera) da parte dell’esercito austro-tedesco. Giungendo a piedi da Pian dell’Alpe, poco dopo il piccolo abitato di Casasco d’Intelvi, imbocchiamo un suggestivo sentiero nel bosco che si estende sulle pendici orientali e, alzando lo sguardo al cielo, intuiamo subito l’importanza strategica di questo monte, vera e propria fortezza naturale che si innalza fino a 1.410 metri sul livello del mare e garantisce un perfetto controllo delle terre svizzere in direzione del Monte Bisbino e del Monte Generoso. Seguendo il sentiero, si giunge in breve tempo alle falde rocciose e alle prime trincee, perfettamente mimetizzate insieme agli alloggiamenti per i soldati. Il cammino lungo il versante esposto del Sasso Gordona non presenta particolari difficoltà tecniche e continuiamo spediti fino alla prima postazione di mitragliatrice, ben restaturata e messa in sicurezza. Il percorso presenta continue sorprese e diverse postazioni nascoste alla vista e si inerpica gradualmente verso la vetta, riservandoci scorci paesaggistici di rara bellezza e una quiete assoluta, interrotta soltanto dal volo planato di un uccello rapace, forse una poiana, che protegge la nostra ascesa. Aiutandosi con le catene poste nei tratti più impervi del sentiero giungiamo finalmente in cima, dove possiamo pranzare sull’ampia cresta e spaziare con lo sguardo su tutto l’arco alpino, dal massiccio del Monte Rosa fino ai monti del Triangolo Lariano e, ancora più in là, fino al Lago di Como, alle Grigne e al Resegone. Proprio sotto la vetta è possibile inoltre visitare il camminamento principale del complesso fortificato, scavato nella roccia del monte da parte a parte e lungo almeno una cinquantina di metri (non visitabile se non muniti di una qualche luce artificiale). Gran parte della fatica è ormai fatta, ma la montagna va sempre rispettata e il sentiero che conduce verso il Rifugio Prabello, ex caserma della Guardia di Finanza (siamo in pieno territorio di vecchi contrabbandieri!), presenta alcuni punti particolarmente impervi e scoscesi, comunque muniti di catene infisse nel terreno per agevolare la discesa. Una volta superato anche questo piccolo ostacolo, possiamo inoltrarci nuovamente nel bosco e completare finalmente l’anello del Sasso Gordona, autentico gioiello fortificato della Val d’Intelvi. Clicca sul link sottostante e osserva tutti i particolari del percorso! https://www.strava.com/activities/915418290 Non si vive di sola corsa e, quindi, un sabato dedicato al trekking sulle scoscese pendici del Monte Barro!
Il solitario massiccio che nasconde la vista della pianura e dei laghi briantei alla città di Lecco si presenta immerso nella bruma invernale, ma un sole insolitamente caldo per il periodo ci costringe a togliere i pesanti cappotti per avanzare un po’ più leggeri. Non lasciatevi ingannare dall’altezza della vetta, piuttosto contenuta (922 metri s.l.m.), perché il Sentiero delle Creste (in special modo l’ultimo tratto) è consigliato a “escursionisti esperti”, come riportano i cartelli turistici disseminati strategicamente sul percorso. Partendo dal centro storico di Galbiate si entra nel Parco del Monte Barro da Via dell’Oliva e, dopo circa un chilometro di sentiero carrabile, la strada curva improvvisamente a sinistra, addentrandosi nel bosco, in direzione del III Corno. La pendenza di questo tratto è davvero notevole, in grado di tagliare letteralmente le gambe ai meno abituati alle passeggiate in montagna, ma il panorama che si staglia all’orizzonte, con il massiccio del Resegone e le Grigne in lontananza, è da mozzare il fiato. Dopo aver raggiunto la prima vetta, il cammino verso il II e il I Corno diventa più agevole, eccezion fatta per un tratto davvero arduo, in cui siamo costretti ad utilizzare le mani per arrampicarci sulle rocce esposte. Una breve sosta alla sella del Sasso della Pila¸ un masso erratico quasi certamente modellato da antichissime mani umane, e si riparte ancora verso il culmine della montagna, prima del quale dobbiamo affrontare una breve e ulteriore arrampicata. In vetta il dislivello complessivo in salita ammonta a quasi 550 metri (non male per una semplice scampagnata!) e, dopo la meritata sosta, scendiamo verso la Sella dei Trovanti e l’Eremo, nei dintorni del quale merita assolutamente una visita il Parco Archeologico dei Piani di Barra (con annesso Antiquarium), antico insediamento sorto dapprima su un castrum romano ed occupato, in seguito, dagli Ostrogoti. Il Monte Barro, quasi sconosciuto ai più, regala tutto questo: paesaggi immersi nella natura, tipicamente alpini, storia, archeologia e curiosità etnografiche (merita una visita, infatti, anche il Museo Etnografico dell’Alta Brianza nel borgo storico di Camporeso)! Di seguito il link con i dettagli dell’ascesa alla vetta: https://www.strava.com/activities/872067838 |
AutoreDavide Salvatore Chionna. Corridore e scrittore. Amo narrare luoghi ed emozioni. archivi
Settembre 2020
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