Quante volte avete sentito dire, da persone non particolarmente in forma, le parole “Ho le ossa grosse. Più di così non potrò mai dimagrire” oppure “Sono di naturale costituzione robusta”. Tutto vero? Non proprio, perché le ossa del nostro corpo, in percentuale, non posso mai essere davvero così “grosse” da giustificare un sovrappeso perenne e la nostra costituzione, per quanto ciascuno di noi possa appartenere a diverse categorie (normolineo, brevilineo o longilineo) non è direttamente collegata al peso totale.
Ma esiste realmente un modo affidabile che ci consenta di calcolare con buona approssimazione il nostro Peso Ideale? La letteratura scientifica in materia è contrastante e, spesso, gli studi effettuati sinora giungono a conclusioni che divergono apertamente fra loro. Il mio consiglio è quello di approcciarsi ad essi con la dovuta cautela, magari effettuando una media tra i diversi risultati ottenuti, ricordandosi al tempo stesso che il peso ideale non possiede mai un valore assoluto. Possiamo davvero credere che tali formule siano applicabili indistintamente a un corridore puro, un nuotatore, un ciclista, un triatleta o persino ad un pesista? Certamente no, ma vedremo comunque nelle prossime righe quali sono gli strumenti fondamentali attualmente a nostra disposizione per poter effettuare una stima del peso ideale. Iniziamo con tre formule semplici, che tengono in considerazione altezza e genere ai fini del calcolo finale, per poi vedere l’ultima formula, più completa e anche maggiormente affidabile:
Se invece, oltre all’altezza e al genere, vogliamo utilizzare un parametro in più per calcolare il nostro peso ideale, sarà meglio affidarci alla Formula di Lanzola, che introduce anche la circonferenza del polso (utile, tra le altre cose, anche nella classificazione della costituzione corporea di ogni soggetto):
Uomo
Donna
In sintesi, tutte le formule appena viste, come già accennato poco prima, hanno sicuramente un grande limite, che è quello di non considerare prima di tutto l’età del soggetto, unitamente alla sua massa muscolare. Ritengo quindi personalmente che possano essere utili quasi esclusivamente come test e che non possano pertanto essere assunte a modello imprescindibile di riferimento. In sostanza, divertitevi a provare a calcolare il vostro peso ideale secondo le suddette formule, ma non sentitevi confusi se i risultati divergono fra loro anche sensibilmente!
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Questa non competitiva, con partenza dal piccolo centro abitato di Oltrona San Mamette, si rivela essere una graditissima sorpresa nel panorama delle tapasciate lombarde, riservandoci un percorso quasi interamente su sterrato, immerso nei boschi delle zone circostanti, con rapidi e interessanti passaggi da puro trail running.
Abbandoniamo l’asfalto già poco dopo qualche centinaio di metri, inerpicandoci su un aspro sentiero che ci conduce sino allo scenografico Santuario di San Mamette, in prossimità del km 2.7, dal quale si gode di una splendida vista sulla cittadina sottostante. Non c’è che dire... l’impatto è promettente e la prima salita della giornata si rivela essere decisamente tosta e allenante! Segue una rapida discesa fino al guado sul Torrente Bozzente e il percorso continua poi in leggera salita fino al km 6.6 per poi inoltrarsi all’interno dello splendido e scenografico Parco della Pineta di Appiano Gentile e Tradate. Possiamo rilassarci, totalmente avvolti dalla rassicurante atmosfera della foresta, e lasciare andare le gambe fino al guado sul Fosso delle Valli al km 14.7, in prossimità del quale affrontiamo una bella salita muscolare su doppio tornante, che spiana poi leggermente. Ma non pensate che la fatica sia finita, perché sino ad almeno al km 21.6, il sentiero continua inesorabilmente a salire in leggero falsopiano, con leggeri e improvvisi strappetti su terreno sconnesso, in mezzo a radici e sassi affioranti. Da questo punto in avanti gran parte della fatica è ormai fatta e fino all’arrivo ci aspetta un lento digradare, condito soltanto da un’ultima e breve salita su asfalto a pochissima distanza dal traguardo. La forma migliore è ancora un po’ lontana, ma l’importante è mettere sempre più chilometri e salite nella gambe! Clicca sul link sottostante e osserva tutti i particolari del percorso! https://www.strava.com/activities/1470958016 Esistono due opinioni contrastanti fra loro in relazione al Defaticamento, che si scontrano in merito alla necessità di svolgerlo sempre al termine di ogni prestazione o soltanto in determinati casi. Personalmente appartengo alla seconda scuola di pensiero, ma vediamo prima insieme di che cosa si tratta nello specifico.
Per “Defaticamento” intendiamo qualsiasi attività aerobica a bassa intensità al termine di un allenamento o di una gara. Il defaticamento dura solitamente 10 minuti, ma può anche essere protratto fino ad un massimo di 20 minuti, allo scopo di ridurre gradualmente l’intensità dell’attività fisica appena svolta. Parlando della nostra normale attività sportiva (ripetute su qualsiasi terreno e pendenza, medi e variazioni di ritmo-fartlek) il defaticamento consisterà necessariamente in una sessione finale di corsa leggera, a velocità progressivamente decrescente, per poi terminare con 2-3 minuti di cammino. Perché è necessario defaticare e quali sono i benefici del defaticamento?
Quando, invece, sarebbe opportuno non defaticare? È proprio dinanzi a questa domanda che le scuole di pensiero divergono in maniera inconciliabile. Di fronte a coloro che sostengono l’importanza del defaticamento in qualsiasi occasione, anche al termine di un lunghissimo o di una maratona, ci sono altri che supportano la tesi contraria (come il sottoscritto). Perché, infatti, aggiungere un’ulteriore attività aerobica ad una seduta particolarmente pesante o ad una gara? Personalmente ritengo che ciò andrebbe a ridurre al lumicino le nostre scorte di glicogeno già duramente provate e che, quando gli allenamenti sono estremamente ravvicinati e intensi, quei 10-20 minuti di defaticamento al termine di ogni sessione vadano ad aumentare soltanto il nostro senso di fatica. Pertanto consiglio di svolgerlo esclusivamente al termine di allenamenti di velocità o dopo un medio, ma anche in questo caso sarà la vostra personale esperienza a guidarvi nella scelta e nulla vi vieta di corricchiare anche al termine di una maratona. Si torna a correre nel territorio bergamasco dopo un periodo forzato di stop. Questa volta decido di correre per le campagne di Almenno San Salvatore, optando per una tapasciata con un dislivello abbastanza contenuto, ma comunque ricca di strappetti interessanti, bellezze storico-artistiche di notevole spessore e sentieri resi disagevoli dalle recenti piogge.
Dopo il primo tratto in leggero falsopiano e aver attraversato il Torrente Valle Armisa, imbocchiamo una veloce discesa su asfalto sino al ponte sul Torrente Tornago per poi affrontare la prima e breve erta salita che ci riconduce su una ciclabile in piano. Poco dopo il terzo chilometro affrontiamo il primo tratto di sterrato, decisamente scivoloso a causa del fango e, al termine del sentiero, svoltiamo a destra verso il primo ristoro, posto all’interno della corte della cascina accanto alla splendida chiesa romanica di San Tomé. Continuiamo a correre sulla stradina che costeggia la sottostante valletta del Torrente Tornago fino a raggiungere il centro abitato di Brembate di Sopra, nei pressi del quale, dopo un’improvvisa svolta a sinistra ed essere scesi lungo una ripida e stretta scalinata, iniziamo a percorrere la riva destra del Fiume Brembo risalendo gradualmente sino ad Almenno San Salvatore. Al km 9 si affronta uno dei tratti più insidiosi di tutta questa non competitiva, inoltrandosi in uno stretto sentiero fangoso ricco di sassi e radici affioranti che sale non poco nel breve volgere di qualche centinaio di metri. Torniamo finalmente su asfalto e, dopo aver oltrepassato il Santuario della Madonna Candelora, iniziamo a correre in costante falsopiano sino al km 12. La vista che si gode dal ponte medioevale sul Torrente Imagna, che si getta rumorosamente nel Brembo, è assolutamente spettacolare, ma bisogna prestare particolare attenzione alla discesa sui gradini di acciottolato e sulla successiva scalinata che spezza letteralmente fiato e gambe fino alla svolta a sinistra di fronte alla Chiesa di San Gottardo e al retrostante Castello di Clanezzo. Non bisogna però abbassare troppo il ritmo, perché la strada continua inesorabilmente a salire, anche se con gradualità, fin quasi al quindicesimo chilometro. Poco dopo la splendida Chiesa di Santa Maria della Consolazione ricomincia finalmente a scendere e possiamo tornare a spingere un po’, godendoci la vista dell’ultimo gioiello romanico della zona (Chiesa di San Giorgio), prima di arrivare al meritato traguardo finale. Un rientro ai lunghi di 17,6 km totali finali per un dislivello complessivo ben distribuito di 267 metri che mi fa ben sperare per il futuro! Clicca sul link sottostante e osserva tutti i particolari del percorso! https://www.strava.com/activities/1458725356 |
AutoreDavide Salvatore Chionna. Corridore e scrittore. Amo narrare luoghi ed emozioni. archivi
Settembre 2020
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