Poco prima dell’inizio della celeberrima ed eroica Battaglia delle Termopili, combattuta nel 480 a.e.v. tra le esigue forze riunite della piccola Grecia e lo sterminato e globale esercito persiano, il re Serse chiese all’indomito Leonida, re di Sparta, di deporre le armi e accettare una resa incondizionata al fine di evitare il massacro dell’esercito greco, che bloccava momentaneamente l’invasione della penisola ellenica.
In risposta a tale “gentile invito”, Plutarco riferisce che Leonida rispose con un semplice e coraggioso Molon Labé! (Vieni a prenderle!), preparandosi ad affrontare l’invasore in armi! Pur consapevole dell’imminente sconfitta (poco meno di 8.000 opliti greci contro almeno 250.000 – 300.000 persiani), Leonida decise di non arrendersi e di impegnarsi invece in un combattimento che avrebbe incredibilmente inchiodato i persiani per almeno tre giorni in quello stretto passaggio, causando loro perdite altissime. Grazie al sacrificio di Leonida e della sua guardia personale di 300 Spartiati (la classe aristocratica guerriera di Sparta) e degli altri opliti greci lì presenti, la restante parte della Grecia, capeggiata da Atene, potè efficamente organizzare una resistenza navale nel golfo di Salamina, annientando definitivamente le forze persiane. Vi starete forse chiedendo il perché di questa breve introduzione storica? È presto detto... Da una sconfitta derivò una vittoria totale! Tutti noi, almeno una volta nella nostra vita sportiva, abbiamo affrontato una sconfitta. Leonida e i suoi guerrieri sapevano addirittura in anticipo che sarebbero stati sconfitti, ma non hanno mai nutrito alcun dubbio sulle future possibilità di vittoria del loro popolo ed è proprio da questo episodio storico che è necessario prendere esempio al fine di affrontare meglio (e superare con successo) una sconfitta agonistica. Come fare nel dettaglio?
La prossima volta che qualcuno proverà soltanto a dirvi “Ma sei davvero sicuro di correre quella maratona? È tosta! Ha un dislivello non indifferente e farà un caldo pazzesco! Non sarebbe meglio deporre la armi e correrne un’altra?” sapete già cosa dovrete fare. Rispondete con tranquilla e testarda certezza: “Molon Labé!”. Pensando all’eroica impresa di re Leonida e degli altri eroici opliti greci alle Termopili...
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Il 30 luglio 1851 l’umile popolano milanese Amatore Sciesa, di professione tappezziere, fu arrestato in Corso di Porta Ticinese da un gruppo di gendarmi austriaci. Dopo averlo sommariamente perquisito, lo trovarono in possesso di alcuni scottanti manifesti anti-austriaci che erano stati affissi in Via Spadari.
Il povero Sciesa, che non godeva di alcuna protezione politica ad alti livelli, fu velocemente condannato a morte durante un processo voluto dal feldmaresciallo Radetzky e pochi giorni dopo, il 2 agosto 1851, mentre si recava alla forca, fu esortato da un gendarme a rivelare i nomi di altre persone implicate nella vicenda, con la promessa di essere rilasciato. Tuttavia Sciesa non si arrese di fronte alle minacce e alla brutalità austriaca e, per tutta risposta, esclamò in dialetto milanese “Tiremm innanz!”, preferendo non tradire i patrioti come lui e affrontando a testa alta la fucilazione! Perché questa introduzione storica se dobbiamo invece parlare di corsa? La risposta è molto semplice: perché spesso può accadere, durante un allenamento o una gara importante, di trovarsi in seria difficoltà, sia fisica che mentale, e sopraggiunge quell’attimo tanto temuto in cui pensiamo di arrenderci e ritirarci o, peggio ancora, di trovare una scusa efficace... Che fare quando arrivano momenti come questo? Dobbiamo ricordarci della leggendaria risposta data agli austriaci dal nostro Sciesa! Troppo spesso ho visto atleti e atlete fermarsi improvvisamente a pochissimi chilometri dalla fine di una maratona, sedersi su un marciapiede e, con la testa fra le mani, distrutti e affranti, abbandonare la competizione. Capisco perfettamente che mesi di dura preparazione e una forte aspettativa finale possano far entrare in crisi chi, al trentottesimo chilometro, si rende conto che non riuscirà a fare il proprio personale, ma proprio non riesco a comprendere la necessità del ritiro in un’occasione del genere. Una maratona va sempre rispettata e portata a termine, qualsiasi sia il risultato finale (ma, per intenderci subito, anche una mezza maratona o persino altre gare più corte), specialmente nel caso in cui non sia sopravvenuto alcun infortunio o un grave malessere fisico in grado di influire negativamente sulla nostra generale condizione di salute. L’umore è a terra e le gambe si bloccano all’improvviso? Non fermatevi, ma camminate, anche se centinaia di corridori vi superano inesorabilmente, per poi riprendere a corricchiare, anche molto lentamente, se necessario. Rimanete tranquilli, perché potrete comunque tentare l’assalto al vostro personale la prossima volta che vi cimenterete in una maratona ufficiale. Quell’ultimo sentiero di montagna che si inerpica nel bosco vi sembra troppo duro da affrontare dopo cinquanta chilometri di una gara di Trail running e svariate ore di corsa ininterrotta? Chiudete gli occhi per qualche secondo e ascoltate il respiro della foresta, mentre muovete le gambe infuocate un passo dopo l’altro, senza fretta, ma non arrendetevi mai e non ritiratevi se non in caso di estrema necessità (vi parlo per esperienza, essendo stato costretto al ritiro a causa di un serio problema al ginocchio durante la micidiale Marathon des Sables, ma avendo invece affrontato con successo la 100 Km del Sahara, nonostante la febbre scoppiata durante l’ultima tappa, che mi piegò, senza però spezzarmi). Ordunque Tiremm Innanz! con coraggio, ma assolutamente con giudizio, rispettando sempre e cercando di portare onorevolmente a termine qualsiasi gara o duro allenamento che affronteremo da qui in futuro. Con un pensiero, nei momenti di difficoltà, alla risposta data dal grande e indimenticabile Amatore Sciesa... Raggiungere il peso forma nei tempi prestabiliti non è sempre facile, nemmeno quando l’allenamento prosegue in maniera ottimale e l’alimentazione viene sufficientemente curata, ma non bisogna mai disperare, perché bastano piccoli accorgimenti per incrementare il nostro metabolismo basale attraverso lo studio e la lettura.
I nostri antichi predecessori pregavano gli Dèi affinché concedessero loro mens sana in corpore sano, tuttavia gli odierni ritmi impostici dalla vita moderna possono effettivamente allontanarci da attività fondamentali per la nostra crescita personale e il nostro intelletto, come quelle rappresentate dalle due sopraccitate attvità. Trascorriamo gran parte della nostra giornata seduti a una scrivania di fronte a uno schermo, rallentando conseguentemente il metabolismo basale e, non appena terminiamo l’allenamento pomeridiano, l’unica cosa che desideriamo fare una volta tornati a casa, letteralmente stremati, è quella di sederci sul divano per subire passivamente un po’ di televisione, allo scopo di rilassarci. Il rischio di trovare un po’ di conforto nel cibo dopo una giornata di questo tipo è poi molto alto e sappiamo bene quanto sia meglio evitare di assumere dosi importanti di carboidrati la sera, per evitare un brusco innalzamento della glicemia e un conseguente accumulo di grassi! Ed è proprio qui che entra in gioco la nostra arma più potente e segreta... il cervello! L’organo principale del sistema nervoso centrale, per quel che riguarda il metabolismo basale, incide sul dispendio calorico quotidiano per circa il 20% e potete quindi ben comprendere quanto sia importante tenerlo allenato e metabolicamente attivo, allo scopo di bruciare più carboidrati e consumare più calorie anche a riposo. È stato calcolato che un uomo di 35 anni, del peso di circa 70 kg, consuma circa 123 Kcal dopo un’ora di lettura e 147 Kcal dopo un’ora di studio; dispendio calorico che aumenta leggermente se, nel caso di un’attività che implichi lo studio vero e proprio, si aggiunge la ripetizione mnemonica ad alta voce. Nelle donne, invece, il consumo calorico è leggermente minore, aggirandosi comunque sulle 94 Kcal dopo un’ora di lettura e sulle 118 Kcal dopo un’ora di studio. Le calorie consumate da un cervello in ottima forma potrebbero dunque fare quella tanto agognata differenza che ci consentirà di presentarci in perfette condizioni alla prossima gara. Trovate il tempo di studiare una lingua, magari svegliandovi prima al mattino, dedicandole una buona mezzora e leggendo qualcosa di appassionante la sera, in grado di sostituire degnamente qualsiasi pellicola cinematografica. Parafrasando il noto proverbio africano del leone e della gazzella, così tanto amato da noi corridori, non importa che tu sia mezzofondista o ultramaratoneta, l’importante è che cominci a leggere! Accade sovente di incontrare persone che si lamentano dei loro scarsi successi ottenuti in ambito sportivo; sostengono di allenarsi con regolarità e costanza, di faticare e sudare in palestra, di macinare chilometri e chilometri allo scopo di affinare la propria forma fisica e di mangiare con morigeratezza, senza mai troppo eccedere.
Di primo acchito, sembrerebbe quasi un mistero... Li ascolti attentamente, cercando di comprendere a fondo il perché non riescano a progredire come dovrebbero, ma ogni razionale spiegazione in merito ti sfugge poiché stanno pedissequamente seguendo il loro programma di allenamento ormai da diverso tempo. In seguito, però, le cose iniziano a diventare un po’ più chiare e il tarlo del dubbio comincia a insinuarsi prepotente. L’allenamento di martedì è stato spostato a mercoledì e questo slittamento si è già verificato almeno un paio di volte nell’ultimo mese; la sessione di potenziamento muscolare viene saltuariamente eseguita e il lungo della domenica è sempre un po’ meno lungo del dovuto... senza contare, poi, il consueto aperitivo del giovedì e la pizza del sabato sera, generosamente irrorata con abbondante birra. Eppur ancor si chiedono perché non ottengano miglioramenti... La risposta, dunque, è molto più semplice di quella che abbiamo tentato di trovare all’inizio e basta davvero poco per rendersene conto. Non possiamo ottenere progressi se non rispettiamo in maniera ferrea ciò che abbiamo in precedenza pianificato! Bisogna pertanto partire da un’attenta pianificazione, realmente basata sulle nostre caratteristiche fisiche, sulle possibilità di miglioramento, sul tempo libero che abbiamo a disposizione e sull’obiettivo che ci siamo prefissati. È totalmente inutile provare a correre una maratona in meno di 3 ore se non l’abbiamo prima mai corsa nemmeno in 3 ore e mezzo. C’è sempre spazio e tempo per migliorare, ma il fallimento, invece, può verificarsi in un attimo, anche quando la motivazione iniziale è molto alta. “Nosce te ipsum” recitava l’anticolo Oracolo di Delfi... conosci te stesso, le tue potenzialità e i tuoi limiti, aggiungerei io in una situazione del genere. È sempre giusto porsi degli obiettivi sfidanti, ma è altresì assurdo porsi degli obiettivi irraggiungibili, che ci costringeranno inevitabilmente a cercare delle scuse per nascondere a noi stessi il nostro probabile insuccesso. La motivazione, dunque, seppur fondamentale, non è affatto tutto; sarà invece necessario affidarsi completamente alla propria Forza di Volontà per poter intraprendere un cammino sportivo che ci porterà con certezza al nostro piccolo trionfo e, anche se ciò non dovesse accadere, allora non potremo davvero rimproverarci nulla e non troveremo alcun motivo di lamentela. Cosa significa forza di volontà? Significa semplicemente rispettare la tabella di allenamento, uscire con qualsiasi condizione atmosferica, anche quando l’umore non è dei migliori a causa dello stress lavorativo o di altro ancora; significa contenersi nell’assunzione di cibo, adottando un’alimentazione più consona al raggiungimento dell’obiettivo; significa non abbattersi, anche quando un allenamento o una gara di preparazione non vanno come dovrebbero, analizzando ogni eventuale errore commesso, per poi ripartire con una nuova determinazione ancor più forte. La forza di volontà è ciò che tutti noi possiamo essere o fare, senza fronzoli, ma non potrà mai davvero essere completa senza la giusta dose di costanza. Un imprevisto può sempre capitare, ma quando gli imprevisti diventano la regola c’è sicuramente qualcosa che non va nella nostra pianificazione o nel nostro modo di affrontare le cose. In tal caso, senza lasciarsi bruciare da emozioni contrastanti, è necessario ripensare a tutto quello che abbiamo fatto sino a quel momento e a riconsiderare seriamente di iniziare tutto da capo, questa volta sul serio. Motivazione iniziale, conoscenza di se stessi, obiettivo, pianificazione, volontà e costanza: un singolo errore anche in uno soltanto di questi tasselli e potreste non farcela. A tal proposito, mi piace ricordare le parole che lo storico Tito Flavio Giuseppe, all’interno dell’opera “La Guerra Giudaica”, riservò all’addestramento continuo dei legionari Romani: “... né errerebbe chi dicesse che le loro esercitazioni sono battaglie incruente e le battaglie sono esercitazioni cruente.” Personalmente ritengo che in questa frase, facendo i giusti paragoni, sia condensata tutta la filosofia sportiva del corridore. La battaglia è il nostro obiettivo, la gara che abbiamo atteso così a lungo e per la quale dobbiamo prepararci, mentre le esercitazioni militari sono i nostri allenamenti settimanali. Ebbene, ricalcando ciò che facevano i nostri antenati legionari, dobbiamo affrontare con serietà ogni allenamento, con costanza e totale dedizione, come se fosse una gara importante. Allo stesso modo sarà necessario correre la stessa gara in scioltezza, perfettamente preparati e liberi da qualsiasi tensione, come se ci stessimo allenando nella tranquillità del nostro parco abituale. Ora, ripensando a questo articolo, andate e combattete, perché ogni corsa, se affrontata con lo spirito giusto, è come una battaglia. Nel celebre romanzo di Carlo Collodi “Le avventure di Pinocchio – Storia di un burattino”, il Grillo Parlante appare soltanto quattro volte e, contrariamente a quanto avete probabilmente visto nel famosissimo cartone animato di Walt Disney, sapete cosa accade realmente al povero insetto nel quarto capitolo del capolavoro collodiano? No? Ve lo dico io... muore spiaccicato a causa di un martello che Pinocchio, stufo di sentire i suoi rimproveri, gli lancia addosso...
Ho scritto questa breve introduzione soltanto per dimostrarvi che il Grillo Parlante, ossia la coscienza del burattino Pinocchio, si comporta proprio come farebbe il nostro cervello durante uno sforzo prolungato, ossia quando ci intima a più non posso di fermarci, di tirare il fiato e di riposare un po’. Il cervello è la nostra coscienza e tende a proteggerci sempre, talvolta mentendo anche in maniera spudorata, ma spetta sempre a noi comprendere davvero quando possiamo fare realmente a meno dei suoi accorati avvertimenti. Che accada a metà strada lungo un’erta salita o durante una ripetuta corsa con il cuore in gola (e consapevoli che ne dobbiamo correre ancora un bel po’...) il cervello, percependo che il nostro organismo è sottoposto a uno sforzo non indifferente, lancia molteplici segnali di allarme, primo fra tutti l’ordine di fermarci al più presto. Quante persone avete visto bloccarsi all’improvviso, a pochissimi chilometri dalla fine di una maratona o di qualsiasi altra gara, persino di una 5 km, ormai quasi totalmente incapaci di fare qualsiasi altro passo? Che abbiano davvero depauperato ogni scorta energetica, ogni singola molecola di ATP, sbattendo contro il fatidico “muro”? In alcuni casi è probabile, ma per molti di loro si tratta semplicemente di un blocco psicologico, di una crisi spesso passeggera, ma che non sanno minimamente come affrontare; e questo è semplicemente dovuto al fatto che hanno seguito il consiglio del loro cervello, ossia quello di fermarsi per evitare danni maggiori all’organismo. Tuttavia la mente non è completamente consapevole del fatto che la gara terminerà fra soli due chilometri e, basandosi sulle reazioni organiche a livello corporeo, ci intima giustamente di cessare qualsiasi prestazione, temendo che si possa continuare ancora per molto altro tempo. È a questo punto che entra in gioco la forza di volontà, capace persino di contrastare i segnali in arrivo dal sistema nervoso centrale; il cervello, infatti, mente ogni volta che andiamo un po’ oltre le nostre prestazioni abituali, ma possiamo sempre perdonarlo, perché è in assoluta buona fede. Proprio per tale motivo possiamo anche ignorarlo per un po’, consapevoli del fatto che le nostre riserve energetiche dureranno ancora per i pochi chilometri che ci separano dal traguardo o per le ultime ripetute che ci attendono prima della fine dell’allenamento. Ogni volta che sentite sopraggiungere una crisi, respirate profondamente almeno una decina di volte, recitando una frase d’incoraggiamento che ritenete possa esservi utile, non date ascolto al vostro cervello e continuate a correre, anche se l’impulso di fermarvi e di piegarvi sulle ginocchia è quasi irresistibile. Siate consapevoli, invece, che il nostro corpo è più forte di quel che pensate e il nostro pensiero non corrisponde altro che al nostro cervello, programmato proprio allo scopo di proteggere il corpo che lo contiene. Non sempre l’adrenalina e la noradrenalina sono necessarie, perché spesso basta semplicemente convincersi dei propri mezzi e nessuna difficoltà vi apparirà poi così insormontabile. E, per ultimo, ma non per importanza, non preoccupatevi del pericolo di offendere il cervello se durante le corse più impegnative non gli darete troppo ascolto. Allo stesso modo del Grillo Parlante di Pinocchio (che ricompare vivo e vegeto nel trentaseiesimo capitolo della storia) al termine di ogni vostra gara o allenamento, quando vi concederete il meritato riposo, lui non vi serberà alcun rancore e, piano piano, capirà che la prossima volta non dovrà essere così apprensivo nei vostri confronti, concedendovi qualche chilometro in più prima di tornare a far sentire la sua voce. |
AutoreDavide Salvatore Chionna. Corridore e scrittore. Amo narrare luoghi ed emozioni. archivi
Settembre 2020
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