Nel precedente articolo relativo alla scienza dell’allenamento abbiamo visto come calcolare la Frequenza Cardiaca Massima e come vengono comunemente impostate le Zone di Allenamento in base a quest’ultima, ma l’utilizzo della FCMax per valutare l’intensità di un allenamento presenta comunque dei limiti che non devono essere sottovalutati.
Se, infatti, individui particolarmente allenati e in perfetta forma raggiungono la propria Soglia Anaerobica Lattacida (ossia quel limite oltre il quale la produzione di acido lattico diventa maggiore rispetto alla quantità che il corpo è in grado di smaltire) al 90% della propria FCMax, esistono invece molte altre persone sedentarie o che rientrano da un lungo infortunio e, quindi, da un periodo di inattività forzata, che raggiungono la soglia anaerobica lattacida al 50-60% della propria FCMax. Il raggiungimento della Soglia Anaerobica Lattacida può pertanto attestarsi, in generale, in un intervallo compreso fra il 50 e il 90% della FCMax. Diventa evidente, quindi, che le Zone di Allenamento non valgono in maniera uniforme per tutti, senza considerare, inoltre, che la FCMax varia in funzione di numerosi altri fattori, non sempre direttamente controllabili dal soggetto che si allena (basti pensare a condizioni di caldo estremo, privazione di sonno o periodi di malessere psicologico). Come ovviare a tale problema e calcolare in modo più preciso la Frequenza Cardiaca Allenante ideale per un soggetto che si allena invece con una certa costanza, in grado di far ottenere un sensibile miglioramento a livello fisiologico? Vediamo insieme i due metodi indiretti più famosi:
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Se, come me, considerate la Ferragostana di Pian del Tivano la più bella e panoramica non competitiva della Lombardia insieme alla Maratona del Confine di Olgiate Comasco, allora la Strapagnano può tranquillamente giocarsi la seconda piazza di questa speciale classifica con la Teremotata di Terno d’Isola, in provincia di Bergamo, entrambe sempre con diverse migliaia di partecipanti iscritti alla partenza.
26 km totali con 733 metri di dislivello positivo complessivo, che si snodano lungo le strade e i sentieri dello splendido Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, fra antichi boschi e verdi pascoli, in un’atmosfera che solo questo particolare angolo di Brianza può regalare a tutti noi corridori. Sin dalle prime battute è chiaro che il gran caldo di questo fine agosto potrebbe condizionare il prosieguo della corsa e, al fine di evitare colpi di calore e disidratazione, è meglio bere spesso e in maniera abbondante a ogni singolo ristoro piazzato sul percorso. I primi chilometri, che alternano facili tratti di sterrato e strade asfaltate di campagna, sono un continuo saliscendi privo di particolari difficoltà, eccezion fatta proprio per la temperatura, già abbondantemente sopra i 30 gradi prima delle nove del mattino. Giunti in prossimità del km 6, nei pressi del Ponte della Fornace, il sentiero di ciottoli inizia leggermente e gradualmente ad inerpicarsi verso Cascina Valfredda, senza però troppi scossoni a dire il vero. Dopo un breve e molto suggestivo tratto nel bosco, però, si giunge in prossimità di Ca’ del Soldato, sede del Museo del Parco, e si svolta bruscamente a sinistra, imboccando la vecchia mulattiera al km 7. La salita che ci attende è molto dura, difficilmente corribile in alcuni tratti a causa della forte pendenza e del fondo sassoso. Al km 8 si raggiunge finalmente la strada asfaltata di Montevecchia Alta e si prende la destra, ma non bisogna commettere l’errore di pensare che la fatica sia finita, perché il percorso continua inesorabilmente a salire, sotto il solleone, fino alla località Cappona, dove tocchiamo i 485 metri di altezza (punto più alto dell’intera tapasciata) verso il km 9. Siamo a circa un terzo del percorso e, per nostra fortuna, la strada inizia a scendere per circa due chilometri, da correre finalmente in estrema scioltezza fino alla breve salita che conduce alla ormai scomparsa cascina Deserto. Da qui, attraversando il caratteristico borgo di Bernaga Inferiore e la frazione Pianello, si arriva, sempre scendendo, fino alla Cascina Costa e al vecchio Lavatoio di Galbusera Nera, dove, svoltando sulla sinistra poco dopo di esso, ci imbattiamo in una salita su sterrato breve, ma durissima, quasi impossibile da correre, posta al km 14,5. Da qui fin quasi al km 17 si corre godendo di una splendida vista su parte della valle e sul bioma dei Prati Magri, costeggiando i due caratteristici borghi di Galbusera Nera e di Galbusera Bianca. Una rapidissima discesa su terreno molto accidentato, da affrontare con molta cautela, e si imbocca nuovamente per un breve tratto la strada asfaltata che ci conduce alla Cascina Fornace, dove ricomincia un’altra salita in mezzo al bosco, fino alla località Ceré¸ poco dopo il km 18. Gran parte delle difficoltà sono ormai alle spalle, ma gli ultimi chilometri riservano ancora parecchie sorprese, brevi salite e suggestivi attraversamenti di boschi fin quasi alla fine. Di particolare bellezza è la discesa a tornante sull’erba nei dintorni della frazioncina Brughé di Olgiate Molgora, al km 22. L’ultima vera salita, poco prima del cimitero, ci accompagna all’interno della città, ormai a poca distanza dal tanto agognato arrivo presso l’oratorio di Pagnano! Clicca sul link sottostante e osserva tutti i particolari del percorso! https://www.strava.com/activities/1154591467 Croce e delizia di qualsiasi corridore degno di questo nome è la Frequenza Cardiaca e l’utilizzo del cardiofrequenzimetro durante allenamenti e gare.
A interessarci, in particolar modo, è la cosiddetta Frequenza Cardiaca Massima (o FCMax), l’indicatore sicuramente più adatto a stabilire l’intensità delle nostre sedute di allenamento, espressa in bpm, ossia battiti per minuto, e decisamente variabile da soggetto a soggetto, in base alle caratteristiche individuali di ognuno, all’età e al proprio stato di forma fisica. La Frequenza Cardiaca a Riposo è considerata assolutamente fisiologica in un intervallo compreso fra i 40 e i 100 bpm ma, tramite un buon programma di allenamento, il valore iniziale può essere gradualmente abbassato e questo incide sempre positivamente sulla resistenza del soggetto e sulle sue successive prestazioni, in quanto la Frequenza Cardiaca Massima verrà raggiunta con maggior ritardo e ad un livello di sforzo fisico maggiore. Come calcolare, pertanto, la Frequenza Cardiaca Massima? Attualmente abbiamo due differenti metodi indiretti a disposizione, che offrono un buon grado di approssimazione e risultati sostanzialmente simili; vediamoli entrambi in successione:
Al fine di poter pianificare una buona tabella di allenamento, dopo aver adeguatamente calcolato la propria Frequenza Cardiaca Massima, è possibile effettuare una suddivisione ragionata delle cosiddette Zone di Allenamento in base alla percentuale della FCMax che le contraddistingue. Analizziamole insieme:
Al termine di questa breve carrellata sulle Zone di Allenamento sorge forse spontanea una domanda. Cosa accade quando, invece, si supera la Frequenza Cardiaca Massima? Personalmente l’ho sperimentato una sola volta al termine di una gara di 10 km, durante lo scatto finale per superare un paio di corridori davanti a me... Il risultato? Una bella vomitata sul prato accanto all’arrivo! Quindi, a meno che non siate professionisti o in procinto di vincere qualche gara, è meglio sempre tenersi un pochino al di sotto di tale limite... Chiamarla “tapasciata” sarebbe alquanto riduttivo...
Correre la Ferragostana è sempre sinonimo di sudore e fatica, di ardue salite sterrate in mezzo ai boschi e discese altamente tecniche, senza dimenticarsi della sua lunghezza complessiva, pari a 25,6 km, e del dislivello positivo, di circa 1.175 metri, che non ha davvero nulla da invidiare a quello di alcuni trail di corsa in montagna! Siamo di nuovo nello splendido territorio del triangolo lariano e i sentieri della Tapasciada di Rezzago sono realmente a un tiro di schioppo dallo stabilimento centrale Enervit di Pian del Tivano, luogo di partenza di quella che, senza alcuna remora, ho sempre considerato la più bella e impegnativa marcia non competitiva della Lombardia, insieme al Cross Olgiatese. Le condizioni atmosferiche sono clementi e la temperatura, a 1.000 metri di quota, piacevolmente mite e frizzante, sebbene il sole dardeggi fiammante sopra le nostre teste. L’impatto iniziale non è dei più semplici: un lungo nastro d’asfalto, immerso in un bucolico paesaggio pastorale, che si inerpica dolcemente, ma inesorabilmente, per i primi due chilometri e mezzo, con l’inconfondibile sagoma del Monte San Primo sulla destra, prima dell’inizio di una piacevole discesa, da affrontare a forte velocità, che ci porta fino all’abitato di Veleso, dal quale si gode una mirabile vista dall’alto del ramo occidentale del Lago di Como. Dal sesto chilometro in poi dimenticatevi invece di discese o dolci saliscendi, perché il sentiero sterrato inizia a inerpicarsi sempre più in alto e correre diventa quasi impossibile, fra radici contorte e massi affioranti. In alcuni tratti, lungo le pendici del Monte Preaola, del Monte di Faello e del Monte Bul la pendenza arriva addirittura a superare il 30% in più di un’occasione. Dopo un breve tratto corso in altura, dal quale lo sguardo spazia su gran parte del triangolo lariano sino a raggiungere persino le sponde del Lago di Lecco, lontano alla nostra sinistra, si arriva al km 15, avanzando sull’acciottolato in salita ai piedi della cima del Monte Croce, collegato alla vetta Braga di Cavallo da una dorsale lunga circa 1 km. A quota 1.338 metri di altezza (punto più alto di tutto il percorso), un placido gruppo di mucche e vitellini osserva con curiosità i corridori che si accingono a ridiscendere a gran velocità sino alle falde settentrionali del Monte Falò, in prossimità del km 18, prima dell’arrivo alla Colma di Sormano, dalla quale si inizia un’estenuante e graduale leggera salita fino al km 21, che costeggia le pendici del Monte Cippei, del Monte Roncaglia e di parte del Monte Cornet. È a questo punto che non bisogna commettere l’errore di pensare che la corsa sia ormai giunta al termine, perchè gli ultimi chilometri in discesa, dopo un primo tratto tecnico su sterrato, in mezzo a vecchie baite e verdi pascoli bovini, e un lungo serpentone d’asfalto che arriva sino alla SP44, attraversandola, sono dolorosamente faticosi, specialmente se l’allenamento pregresso non è stato ottimale. L’arrivo è ormai quasi visibile, ma gli organizzatori della Ferragostana non perdonano e, presso la località Il Dosso, inseriscono ‘gentilmente’ un sentiero in leggera salita di circa 200 metri, poco dopo il km 25! Stringendo i denti si oltrepassa infine un vasto pianoro erboso prima di godersi l’ultimo tratto asfaltato in prossimità dell’arrivo e di un più che meritato ristoro finale! Clicca sul link sottostante e osserva tutti i particolari del percorso! https://www.strava.com/activities/1143079955 Una volta stabilita con precisione la propria Velocità di Riferimento è possibile capire a quale ritmo correre i nostri allenamenti pianificati.
Se dovessimo sintetizzare le varie tipologie di allenamento e calcolare i rispettivi Ritmi da associare ad essi, potremmo agevolmente utilizzare la seguente suddivisione:
Immerso nei verdeggianti e assolati boschi del triangolo lariano sorge l’incantevole borgo di Rezzago, a 674 metri d’altezza, luogo di ritrovo di questa non competitiva in tutto e per tutto simile a una vera e propria corsa in montagna piuttosto che a un tranquillo e ondulato lento rigenerante del fine settimana.
Dalla piazza antistante la splendida chiesa romanica dei Santi Cosima e Damiano si parte dirigendosi verso il minuscolo centro medioevale, ricco di suggestivi saliscendi incastonati fra le case edificate con pietra locale, per poi inoltrarsi quasi subito nella foresta circostante, a poco meno di un chilometro dalla partenza. Le pendenze iniziano a farsi decisamente interessanti sin dalle prime battute, raggiungendo persino il 25% in alcuni tratti, ma il paesaggio circostante e i rami frondosi che riparano dal caldo rendono l’ascesa molto meno pesante di quel che ci si aspetti osservando il generale profilo altimetrico di questa bella tapasciata. Vien quasi la tentazione di fare qualche deviazione e di imboccare i sentieri che conducono ai caratteristici fung de tera, come vengono chiamati nel dialetto rezzaghese alcuni pinnacoli d’argilla formatisi nel corso di molti millenni, ma bisogna continuare a correre e ad allenarsi, anche se il richiamo delle monumentali bellezze naturali è molto forte! Fra il km 3 e il km 7,5 il percorso è un continuo e divertente saliscendi di sentieri sterrati tra le pendici orientali del Dosso della Fornace e le prime abitazioni del territorio comunale di Caglio, con rari tratti di asfalto. Dopo un rapido ristoro inizia la salita più dura e costante dell’intera tapasciata, che si inerpica inesorabile fra boschi e tornanti accidentati, aggirando quasi completamente il Monte Falò, per poi raggiungere quota 1.151 metri di altezza, al km 11, in prossimità della Colma di Sormano, dove sorge uno dei più importanti osservatori astronomici di tutto il territorio lombardo e celeberrimo punto di arrivo del Muro di Sormano, leggendaria salita amata e odiata con tutto il cuore dai ciclisti di tutto il mondo. Nemmeno il tempo di rilassarsi dopo l’estenuante salita che ci si getta letteralmente in picchiata lungo la discesa del Muro, mettendo a dura prova ginocchia e quadricipiti per più di 1,5 km, prima di rifiatare leggermente, corricchiando in leggera salita fino a poco oltre il tredicesimo chilometro, per poi ributtarsi in un’altra discesa piuttosto ripida, totalmente asfaltata, che ci riconduce gradualmente nel centro storico di Rezzago. 16,4 km complessivi e 823 metri di dislivello positivo totale che potrebbero mettere a dura prova le gambe dei meno allenati, ma La Tapasciada di Rezzago rimane comunque un ottimo allenamento domenicale alla portata di tutti, se affrontata con il giusto rispetto che bisogna tributare alle corse in montagna. Clicca sul link sottostante e osserva tutti i particolari del percorso! https://www.strava.com/activities/1131453249 Tutti i corridori, che siano neofiti alle prime armi o esperti di lunga data, devono necessariamente allenarsi facendo affidamento a Tabelle di allenamento più o meno sfidanti
(che riportano tempi e ritmi al chilometro dell’allenamento previsto), ma accade sovente che proprio questi fondamentali strumenti siano decisamente proibitivi per le nostre attuali condizioni di forma fisica o, addirittura, troppo poco allenanti. Come risolvere allora il problema? Come calcolare la nostra Velocità di Riferimento, ossia quella velocità che è possibile mantenere per 40-50 minuti, producendo la quantità massima di lattato che il nostro corpo può metabolizzare (raggiungimento della soglia anaerobica) e in base alla quale è possibile impostare successivamente la nostra Tabella di Allenamento e capire quale sia il nostro effettivo Ritmo Veloce, Medio e Lento? Personalmente ritengo che il Test dei 3 km sia molto affidabile e costituisca un ottimo punto di partenza per calcolare la propria Velocità di Riferimento con un buon grado di approssimazione. Scegliete un tratto pianeggiante dove potervi allenare (una pista d’atletica sarebbe la soluzione ideale) e correte per una distanza pari a 3 km a ritmo sostenuto, cercando di mantenerlo dall’inizio alla fine, dal momento che non avrebbe senso eseguire il test partendo a razzo per poi finire arrancando nell’ultimo chilometro. Una volta terminato il test, segnate il vostro Ritmo al Km e, per calcolare la vostra Velocità di Riferimento, aggiungete il 10% a quello ottenuto sui 3 km, espresso in secondi per facilitare il calcolo. ESEMPIO:
La Velocità di Riferimento è naturalmente migliorabile con l’allenamento e, al fine di valutare eventuali progressi e modificare conseguentemente la propria Tabella di Allenamento, è consigliabile ripetere tale test con cadenza mensile. Pioggia intermittente e una temperatura leggermente più sopportabile per il mio ritorno alla corsa dopo un luglio trascorso boccheggiando nel caldo milanese e lucano! Non potevo davvero scegliere tapasciata e percorso migliore di quello di Barni, gradevole cittadina di montagna del Triangolo Lariano che, con El Gir di Cent Foo, da’ ufficialmente inizio ad una serie agostana di gare non competitive trail nella zona fra i due rami del Lago di Como.
Il tratto iniziale, in leggero saliscendi, si snoda all’interno delle vie del centro storico, senza particolari scossoni fin quasi al primo chilometro, in prossimità del quale si imbocca un erto sentiero in salita, all’ombra della foresta, che conduce alle propaggini orientali dell’abitato di Magreglio e, dopo un brevissimo passaggio su asfalto, continua nuovamente a salire su sterrato fino al km 2,5. Il sentiero è davvero suggestivo, ma anche decisamente ostico, costellato di rocce affioranti, radici e tratti erbosi da affrontare con cautela, specialmente lungo la leggera discesa che costeggia il costone occidentale del monte Castel de Leves. In prossimità del quarto chilometro, il percorso riprende nuovamente a salire, dapprima su asfalto, per poi riaddentrarsi nuovamente nel bosco, aggirando la cima del monte Caval di Barni, dal quale inizia un impegnativo saliscendi fino al sesto chilometro, nelle vicinanze della Conca di Crezzo, immersa in una lattiginosa ma alquanto affascinante atmosfera montana. È proprio a partire dal minuscolo abitato di Crezzo che il percorso inizia a salire violentemente su sterrato fino a raggiungere il punto di osservazione panoramica del ristorante La Madonnnina e, poco più oltre, la massima altitudine di questa non competitiva (956 s.l.m.). Da qui in avanti si inizia a scendere e ad aumentare progressivamente la velocità, grazie all’asfalto che ci accompagna sino all’arrivo. Alla fine i chilometri corsi saranno soltanto poco più di 12, ma con 586 metri di dislivello totale positivo che rendono questa tapa-trail decisamente interessante! Clicca sul link sottostante e osserva tutti i particolari del percorso! https://www.strava.com/activities/1120048307 Si torna finalmente a camminare in montagna, nonostante il gran caldo, dopo una forzata pausa durata più del dovuto. Questa volta l’obiettivo è il Pizzo dei Tre Signori, imponente massiccio che nei secoli passati fungeva da confine tra il Dominio delle Tre Leghe (Valtellina), la Repubblica Veneta (versante orobico bergamasco) e il Ducato di Milano (versante lecchese) e che, proprio per tale motivo, ha con il tempo assunto tale nome.
Partendo da Premana, piccolo centro a picco su un versante scosceso della Val Varrone, in un vero e proprio tripudio di bandiere tricolori, preludio alla prova domenicale del Campionato Mondiale di Corsa in Montagna, si scende verso il Torrente Varrone seguendo un’accidentata mulattiera in mezzo al bosco che, dopo una scenografica e breve scalinata, conduce sino al piccolissimo centro vallivo di Gebbio, dal quale si prosegue poi in costante salita, sempre seguendo il torrente sulla sua riva orografica destra. Il percorso, almeno nella sua fase iniziale, non presenta nessuna difficoltà di rilievo, pur salendo di continuo, anche con improvvisi strappetti, ma l’eventuale fatica accumulata sin qui viene abbondantemente ripagata dalla splendida vista che è possibile godere una volta giunti in prossimità di Alpe Casarsa e Alpe Vegessa, alpeggi situati in un rustico quanto incantevole paesaggio alpino. Uno stretto e ripidissimo sentiero conduce fino alla più elevata Alpe Barconcelli, ma la vetta del Pizzo dei Tre Signori ci attende e bisogna continuare a seguire la carrozzabile principale fino all’imbocco della vallata glaciale sulla quale incombe, a destra, il Pizzo Varrone, in uno scenario talmente bello da mozzare quasi il fiato. Giunti ad un’altezza di quasi 1.900 s.l.m, la strada si trasforma in un vero e proprio sentiero nei pressi della Baita Tronella, ormai a pochissima distanza dal Rifugio Falc, sebbene il tratto che ci separi dal rifugio diventi abbastanza arduo e ripido nel giro di poche centinaia di metri. Una volta superato il punto di ristoro è possibile godere della vista dell’invaso del Lago dell’Inferno, dalle acque di un blu profondissimo, ma la cima è ormai prossima e, imboccando un sentiero sassoso in costante salita, si arriva alla croce sommitale dopo aver affrontato un ultimo tratto piuttosto scosceso e scivoloso (da evitare assolutamente nei giorni di pioggia), comunque ben attrezzato e messo in sicurezza con qualche metro di corda ancorata alla parete. Alla fine i chilometri di camminata sono davvero tanti, ma la soddisfazione di aver raggiunto quota 2.554 e lo splendido panorama che si apre sul resto delle Orobie è assolutamente impagabile. Di seguito il collegamento con i dettagli dell’ascesa: https://www.strava.com/activities/1120048385 |
AutoreDavide Salvatore Chionna. Corridore e scrittore. Amo narrare luoghi ed emozioni. archivi
Settembre 2020
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